L’inquadratura mancante

Sabato notte, nonostante fossero le tre e una lunga conversazione mi avesse in qualche modo stremata, ho puntato la sveglia alle dieci della mattina dopo. Così fu che, per la prima volta dopo tantissimo tempo, alle undici meno un quarto di domenica ero per strada – tutto per andare a sentire la presentazione di un libro.

Si consideri che parte del mio lavoro consiste anche nell’organizzare cose di questo tipo – e fino a quel momento avevo pensato che le undici di domenica mattina fosse tutto sommato un buon orario per chi vuole sedersi in una sala e ascoltare persone dire cose che si presume, o quanto meno si spera siano interessanti. Forse è così – fatto sta che avevo sonno e, intirizzita dal freddo, ero anche un po’ sulla difensiva.

Il mio brandello di conversazione con chi conoscevo nella libreria, pertanto, è stato imbarazzante per me stessa e (ottimisticamente) noioso per gli interlocutori. E mi ha fatto ricordare che negli ultimi giorni in ben tre occasioni mi era capitato di incontrare persone inaspettate – e in tutte e tre le occasioni non ero stata in grado di portare avanti i discorsi per più di uno, due minuti prima di accampare improbabili scuse di ritardi per impegni improrogabili: esaurite le domande sullo stato di salute, non sapevo assolutamente cosa dire.

Però i libri sono libri – soprattutto quando chi li ha scritti del tutto inconsapevolmente ha avuto un ruolo talmente decisivo nella mia vita che, non fosse stato per lui, non sarei mai entrata in possesso del computer sul quale sto scrivendo; con tutto ciò che questo significa e comporta.

L’autore, a un certo punto, ha raccontato che un regista italiano di sua conoscenza, esaurito il budget per girare un documento sull’Albania, si era comunque trovato a ripartire per Tirana con tutta la troupe, viaggiando sul ponte di una nave cargo o qualcosa di simile. Perché, ritornato in Italia, si era accorto che gli mancava un’inquadratura.

A volte capita proprio così: manca un pezzo per completare l’insieme. Come in un puzzle. E chi si è mai dilettato con i puzzle (come è successo a me l’ultima volta che ho passato più di due mesi senza un fidanzato ma con una gamba ingessata), conosce il senso di frustrazione che si accompagna quando manca un pezzo. Indipendentemente dalla sua posizione e dal suo ruolo. Può essere il punto di incontro tra gli indici di Adamo e di Dio nel Giudizio Universale, oppure un pezzettino di cielo proprio lì nell’angolo di una foto del Colosseo in un pomeriggio estivo, dove non se ne accorgerà mai nessuno.

Il fatto è che a un certo punto capisci che manca qualcosa. Io oggi l’ho capito. Non so ancora bene cosa, però. Ma neanche il regista lo sapeva, quando è partito per Tirana sulla nave cargo – però deve averlo scoperto, perché poi il documentario l’ha finito; quindi sono piena di speranza e di giacche pesanti, dal momento che sull’Adriatico, d’inverno e di notte, fa un freddo cane.

Però quante stelle…

milkyway_hi.jpg

3 Risposte to “L’inquadratura mancante”


  1. 1 Antonio 13 dicembre 2007 alle 2:37 PM

    e su “nature” hanno appena pubblicato ciò di cui leggevo da alcuni giorni:
    si è scoperto molto di più e molto diverso da quanto si pensasse riguardo la via lattea….
    Il presunto tassello mancante di un puzzle riguardo una galassia, ha aperto l’esigenza di comporlo in maniera tridimensionale, senza nessuna granzia che la terza dimensione sia sufficiente a comporlo poi in maniera completa.
    Un regista non sa quale inquadratura gli manca, poi la trova e completa il lavoro. Nella mia vita frattale, so cosa manca, ma invece di completarmelo il puzzle, me lo rende più complesso, e al ricerca continua…

  2. 2 odiamore 16 dicembre 2007 alle 3:38 PM

    Antonio: cos’è che hanno pubblicato su Nature? Questo per mia curiosità. E poi, per quanto riguarda la tua vita frattale (espressione che mi piace da impazzire), esprimo tutta la mia invidia per la consapevolezza di sapere “cosa manca”! Mi chiedo inoltre: in un frattale, quando manca qualcosa, cosa ne è della struttura regolare? Si può sempre definire frattale se manca un pezzo? .mau., se leggi, delucidaci, ti prego 🙂

  3. 3 Antonio 17 dicembre 2007 alle 9:13 am

    la prima risposta la trovi proprio dove abiti tu: http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/articolo/1319905

    la seconda: credo proprio di si!
    Un algoritmo autoconsistenete nel caso determini un oggetto frattale, lo rigenera se ne togli un pezzo oppure: prova a togliere ad un cavolfiore un pezzo di sè che gli assomiglia tanto, o ad un albero un ramo, o ad una nuvola una sua parte, il resto è sempre frattale, per come lo descrivi algoritmicamente, per come riempie lo spazio.
    Percio’ la mia vita frattale continua ad essere tale, anche quando ne perdo un pezzo 🙂
    ps salutami il mio pezzo torinese…


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